Arteterapia, una premessa immaginale:
L’uomo può realizzare cose stupefacenti,
se queste hanno un senso per lui.
(Carl Gustav Jung.)
La psiche è fatta di immagini.
Ogni dato, interno o esterno, ogni percezione, ogni comportamento, ogni pensiero o emozione, non può che venire organizzato in una forma. Ed è solo per il tramite di tale forma che noi esistiamo a noi stessi e il mondo esiste a noi.
Nulla può essere detto, scritto, pensato o fatto, se non assume una forma mediata dalla psiche.
Come scrive Papadopulos, infatti:
Per immagine io intendo non soltanto una immagine grafica o visiva, ma un insieme di percezioni, pensieri, idee, emozioni, comportamenti, relazioni, interazioni e identità che sono direttamente organizzate da un motivo centrale secondo diverse combinazioni e variazioni. Inoltre, queste reti collegano ed interagiscono con le esistenti strutture collettive di significato a tutti i livelli (inclusi quelli corporei) presenti nel linguaggio e nella cultura; il deposito di quelle esperienze e credenze condivise che sono parte delle formazioni collettive delle presentazioni semantiche[1].
Immagini psichiche e immaginazione:
Perciò, seguendo questa idea, ogni manifestazione dell’uomo ci parla di un aspetto di psiche. A partire dai sogni, passando per le idee, le fantasie, i comportamenti o le relazioni. Fino ad arrivare ai suoi stessi prodotti artistici.
Un meccanismo, questo, che pone inevitabilmente al centro della nostra attenzione il ruolo preziosissimo dell’immaginazione, intesa proprio come capacità di creare nuove immagini. Poiché è proprio attraverso di essa, che possiamo conoscere noi stessi, divenire consapevoli di ciò che si agita dentro di noi. L’immaginazione, infatti, dà forma ai nostri contenuti interni, permettendoci di poterli osservare sotto forma di immagini. Un po’ come uno specchio, invita a guardarci dentro. Per conoscere noi stessi. E noi stessi per come siamo ora, qui, in quest’istante, da questa parte. E, come suggerisce il termine stesso (immagini in azione), le vivifica e le anima, rendendole, di fatto, un vero e proprio nutrimento per il nostro mondo interno.
Immaginazione artistica:
Pensiamoci: in fondo, quanto possiamo dire e ipotizzare su un pittore, a partire dai suoi dipinti?
O su un qualsiasi scrittore dai suoi romanzi?
Fare arte è fare l’uomo. È fare anima, come direbbe John Keats e come, certamente, confermerebbe James Hillman che di questa citazione ha fatto il cuore pulsante della Psicologia Archetipica.
Giacché creare significa primariamente creare se stessi. Che lo si faccia in sogno, poi, nelle fantasie, in ciò che scriviamo, dipingiamo, danziamo o scolpiamo, non è rilevante. Ciascuno di noi ha un suo proprio linguaggio per esprimersi. E una sua modalità.
Arteterapia: (in)formare l’anima.
Per queste motivazioni, e non solo per queste, abbiamo deciso di inserire l’arteterapia all’interno del percorso formativo degli studenti iscritti alla nostra scuola di psicoterapia. E nel novero degli strumenti psicoterapeutici che consideriamo troppo efficaci perché un buono psicoterapeuta non debba conoscerli.
Vista a partire dal nostro punto di vista, l’arteterapia si configura, infatti, come una sorta di arte delle mani che raccontano una storia. Una libera espressione artistica di pensieri, vissuti, emozioni che, attraverso la creazione di opere visibili e tangibili, consente di evocare ed elaborare tutti quei contenuti psichici che, rimasti silenziosi e nascosti, necessitano di una forma per poter essere accolti e riconosciuti.
Come scrive Bianconi (2020):
Il poeta di fronte alla pagina bianca è come un Narciso di fronte allo specchio. Vede se stesso trasudare inchiostro dal vuoto. Come dice Charles Bukowski: Quando vado di sopra a scrivere è quello che sono adesso, incorrotto. Me stesso[2].
Il contributo immaginale dell’arteterapia:
Grazie all’arteterapia, quindi, sensazioni, emozioni e sentimenti vengono portati a espressione utilizzando un linguaggio visivo che si fonda sulle capacità creative e sul processo evolutivo della persona. In tal senso, nella relazione tra arteterapeuta e paziente, essa può sostituire, affiancare o completare un lavoro psicoterapeutico che solitamente si muove solo sul piano verbale, migliorandone la qualità e ottimizzandone gli effetti.
Mentre, infatti, le parole implicano la concettualizzazione e la verbalizzazione del disagio e possono mentire, nascondere o dimenticare, le immagini non mentono: sono immediate, autentiche, partono dal profondo ed è più facile tirarle fuori.
Ogni immagine possiede la sua intrinseca necessità, per cui la forma che assume “non può essere altra che quella”, […] ogni immagine esiste nella sua specifica epifania e nella sua precisa linea di condotta (la coercizione della necessità, che Jung chiama “istinto”)[3].
Arte come manifestazione psichica:
E così, nell’arteterapia, l’arte diventa una manifestazione psichica.
La sua intenzionalità, infatti, essendo sostanziale, cioè tendente alla sostanza e alla riconquista di un corpo, consente alla psiche di compiere un atto estetico. Uscendo da se stessa, per esprimersi all’esterno, attraverso la creazione di una forma che attiri su di sé l’attenzione. E che punti, di conseguenza, a sollecitare nell’osservatore (sia esso esterno o l’artista stesso) un occhio curioso, in grado di volgere al Deus Absconditus (cioè al contenuto psichico) che in essa stessa si cela.
Poiché la materia è la risposta poetica della manifestazione del logos divino, guardare alla materia con occhio verso l’immaginale è un fare poietico che rinvia a noi stessi. E che ci permette di accedere e conoscere la nostra anima[4].
Dott.ssa Michela Bianconi, Dott.ssa Angela Paris.
Bibliografia:
[1] R. K., Papadopulos, L’umwelt, Jung e le reti di immagini archetipiche, in Rivista di Psicologia Analitica, 2008, n. 26, Astrolabio Ubaldini, Roma, p. 117.
[2] M. Bianconi (2020): Il poeta è un ladro di fuoco, indipendently published, pag. 128-129.
[3] Hillman, J. (1975): Re-visione della Psicologia, Milano, Adelphi edizioni s.p.a., 1983. Quarta edizione: novembre 2008, pag. 106.
[4] M. Bianconi (2020): Il poeta è un ladro di fuoco, indipendently published, pag. 101.