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L’amore e l’altre stelle: la cometa e l’individuazione

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L’amore e l’altre stelle. Introduzione:

…Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva,
finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino.
Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima…
(Matteo 2, 9-10)

A Natale, non c’è presepe senza una stella sul tetto della capanna. Come in ogni buon reparto d’ostetricia, infatti, questo portentoso (e del tutto particolare) fiocco nascita indica, con estrema precisione, dove il Bambino appena venuto al mondo può essere visitato. E onorato, se non altro, per il mistero della vita che reca con sé.

L’amore e l’altre stelle. La tradizione:

La tradizione racconta che fu proprio essa a guidare i Magi verso Cristo.
Del resto, era già stato predetto.

Lo vedo, ma non ora; lo contemplo, ma non vicino:
una stella sorgerà da Giacobbe e uno scettro si alzerà da Israele[1]

Il profeta Balaam aveva già anticipato la venuta di un Messia associandolo all’arrivo di un astro. E così questo divenne un importante simbolo di salvezza, luce e speranza.

L’amore e l’altre stelle. La visione astronomica:

Siamo soliti immaginare questa stella come una bellissima cometa, dalla coda lunga e scintillante. Eppure le comete, da un punto di vista astronomico, non si prestano molto al racconto biblico, poiché di troppo breve durata per fungere da guida e incapaci di fermarsi in un punto specifico. Quanto scritto nella Bibbia risulta, perciò, verosimilmente più adatto a descrivere un altro fenomeno, come raccontato anche da Benedetto XVI.
Il papa emerito fa, infatti, riferimento alla Grande Congiunzione tra Giove e Saturno che, secondo alcuni calcoli, avvenne tra l’aprile del 7 e il gennaio del 6 a.C. Un tempo assolutamente congruo per percorrere il tragitto tra la Persia (da dove provenivano i Magi) e la Giudea!

 Le grandi congiunzioni di Giove e Saturno: cicli cosmici e simboli tra storia e presente.

Queste congiunzioni tra Giove e Saturno hanno da sempre rappresentato eventi astronomici di grande rilevanza simbolica e storica. E sembrano essersi sempre intrecciati con momenti chiave della storia, segnando svolte simboliche, politiche e spirituali.
Pensiamo, ad esempio, all’ultima volta in cui se n’è verificata una, il 21 dicembre 2020, nel segno dell’Acquario. Era periodo del secondo lockdown da covid. E del ripristino dei confini. Ma proviamo a pensare anche a un altro momento, in cui la congiunzione Giove-Saturno ha avuto luogo: il 1226. Anno in cui morì di San Francesco d’Assisi e in cui lo scomunicato Federico II venne dichiarato Re di Gerusalemme. Due rivoluzionari che, ciascuno a modo proprio, hanno portato avanti valori solo apparentemente opposti. E che hanno avviato un cambiamento intellettuale importante.
Qual è la differenza tra queste due congiunzioni?
Per rispondere a questa domanda torniamo alle stelle, in particolare nella posizione di Urano.

Il ruolo di Urano…

Questo pianeta, nel 1226, era nel segno dello Scorpione. Mentre nel 2020 si trovava nel Toro, nella posizione esattamente opposta. Facciamo riferimento a Urano per due motivi. Perché si tratta di un pianeta caratterizzato da una forza dinamica di decisione e cambiamento talvolta anche piuttosto drastiche. E perché, nel mito, Saturno-Crono e Giove-Zeus sono rispettivamente il figlio e il nipote di Urano, il primo vero grande padre della cultura greca arcaica.
La posizione di questo pianeta ha implicazioni simboliche importanti, perché tira in ballo forze che non possono essere ignorate.
Nel 1226, infatti, essendo nel segno dello Scorpione, Urano si accompagnava a Marte e Plutone, esprimendo forza, trasformazione e intensità. Un mix di azione e profondità. Mentre, invece, nel 2020, posizionandosi nel Toro, il pianeta condivideva (e condivide tutt’ora) lo spazio con Venere-Afrodite, simbolo del piacere, e Persefone, la dea che governa le anime nell’Oltretomba. La prima amante di Marte, la seconda moglie di Plutone.

L’amore e l’altre stelle. Una lettura astrologica:

Un passaggio, dal maschile al femminile, che fa molto riflettere. La dinamica afroditica, infatti, richiama non solo un nuovo modo di vivere se stessi (più aisthētikós, estetico, cioè basato sulle percezioni e sull’apparenza), ma tira in ballo anche un immaginario del titanismo impossibile da non notare ai giorni nostri. Fame insaziabile, bisogno di riempire un vuoto interiore, simboli chiave del Segno del Toro che oggi sembrano dilagare.
C’è stato un passaggio dall’azione marziale alla passività di Venere/Afrodite e, in particolare, dell’Afrodite Pàndemia (figlia di Zeus e di Dione), che vede il piacere nel materiale, piuttosto che nello spirituale e nell’artistico. (Im)possibile da credere?

L’amore e l’altre stelle. Congiunzioni e simboli:

Detto ciò appare evidente come le grandi congiunzioni di Giove e Saturno non siano, quindi, da considerare solo come eventi astronomici. Ma possono essere lette come simboli di trasformazione e rinnovamento. Non difficile, dunque, è pensare che possano aver avuto un ruolo rilevante anche nella nascita di Cristo, la cui venuta fu così importante, addirittura, da sancire una sorta di spartiacque temporale. Prima di Cristo. E dopo di Cristo.
Proviamo a darne una lettura più psicologica, considerando che il rapporto tra immaginario fantastico e osservazione astronomica è un dato di partenza fondamentale [2].

L’amore e l’altre stelle. Miti, racconti e psiche:

La nostra psiche ama raccontare di se stessa e conoscersi attraverso i racconti che produce. Tutto ciò che l’essere umano ha creato, dall’inizio dei tempi a oggi, non è altro quindi che il frutto di una psiche che ha cercato non solo se stessa, ma attraverso se stessa ha voluto provare a dare delle spiegazioni alla vita e agli eventi del mondo. S’è così formata la cultura sulla quale noi oggi ancora ci basiamo. Una cultura fatta di arte, di poesia, di scienze, miti e religioni dei quali non importa comprendere se si siano realmente verificati o meno. Perché nel mondo intrapsichico è reale quello tutto quello che accade.
Ciò significa che anche le figure disegnate nel cielo sono un “doppio” delle figure umane [3]. E possono essere lette, nelle loro interazioni, come un terminale di racconti utili a comprendere non solo la conformazione di una data anima individuale (sempre tenendo presente che astra inclinant, non determinant). Ma anche di un evento collettivo che coinvolge e muove ciò che Hillman chiama l’anima del mondo. E che, di conseguenza, riguarda il collettivo.
Ma vediamolo nel dettaglio.
In particolare, i miti che ci interessa analizzare in questo contesto, sono proprio quelli di Giove e Saturno, perché è proprio sotto la loro congiunzione che è avvenuta la nascita di Cristo.

L’origine del mondo e l’ansia di castrazione di Saturno:

Il mito greco pone, alle origini del mondo, un uovo cosmico all’interno del quale tutto il creato era già presente in potenza. Dalla rottura di quest’uovo, la separazione degli elementi volatili da quelli pesanti, ha portato alla formazione di due prime, grandi divinità: Urano, il cielo, e Gea, la terra. Così attratti l’uno dell’altra (del resto avevano già passato un’eternità congiunti nell’uovo) da essere uniti in una copula costante. Risultato di tanto “amore”: molti figli che tuttavia non potevano nascere, perché l’unione di mamma e papà non lasciava loro alcuno spazio. Finché uno di questi, Crono (il tempo), chiamato anche Saturno, alla fine non si armò e castrò il padre con un falcetto consegnatogli proprio dalla madre. Urano scappò in esilio. E Saturno, al suo posto, rimise in atto le sue stesse identiche dinamiche, divorando i figli concepiti con Rea, la sposa-sorella. Del resto, se davvero buon sangue non mente, perché non aspettarsi che, prima o poi, qualcuno di loro avrebbe potuto spodestarlo a sua volta?

Giove, Zeus e il potere:

Ne divorò cinque: Estia, Demetra, Era, Ade e Poseidone. Al sesto figlio, Rea gli diede in pasto una pietra in fasce e nascose il piccolo Zeus/Giove lontano dallo sguardo del padre. Qui, egli crebbe forte e, alla prima occasione, tornò e cacciò il padre, divenendo così il Re degli Dèi. E padre di una nuova generazione di figli.
Con i fratelli maschi, si spartì il mondo.
Oltretomba ad Ade. Regno delle acque a Poseidone. A lui il mondo supero.
Stabilendo un nuovo ordine.
Non è forse tradizione che i tempi cambino?

L’amore e l’altre stelle. I significati archetipici di Saturno:

Entriamo ancora meglio in questi immaginari.
Dal racconto fatto, possiamo facilmente individuare nella figura di Saturno proprio il concetto della tradizione. Il vecchio saggio che riduce tutto all’osso, non solo vede l’essenza delle cose, ma partecipa a esse con rigore, serietà e responsabilità. A volte con aridità, freddezza e dogmatico pessimismo. L’infantile, il leggero, il nuovo, viene ingerito e trattenuto, senza possibilità di espressione. Di fatti è spesso associato alla pesantezza del piombo che, dove cade, lì rimane. Talvolta, affondando.
Come afferma Lidia Fassio nel libro Simbologia di Saturno. Come venire a patti con il Vecchio Saggio, questo archetipo scandisce le varie fasi dell’esistenza. E testa le capacità che abbiamo acquisito, giudicandole e sottoponendole a bilanci costanti. Lo scopo? Aiutarci ad abbandonare ciò che non ci serve più. Saturno porta a fare i conti con la forza interiore, la morale, la logica. E con senso dell’organizzazione e capacità di individuare e perseguire gli scopi. Soprattutto, per via del suo legame con la materia e con la concretizzazione.

I significati archetipici di Saturno:

È attraverso l’azione saturnina che i contenuti psichici profondi possono acquisire una forma. Egli il condensa e li struttura, consentendoci, di conseguenza, non solo di conoscerli e riconoscerli. Ma anche di entrare in relazione con loro.
Saturno è il vecchio Saggio che c’impone il cammino verso la conoscenza di noi stessi. Il Gandalf che porta Frodo (nel “Signore degli Anelli” di Tolkien) a uscire dalla propria zona di comfort per intraprendere un viaggio di esplorazione della Terra di Mezzo psichica.

L’amore e l’altre stelle. I significati archetipici di Giove:

Zeus, invece, è più Giov-iale. Il suo lato paterno si esprime non solo nel grande numero di figli, ma anche nel titolo di Re e Padre degli Dèi. Le sue energie si realizzano nella regola, nei confini e nella direzionalità. Egli è una guida che, piuttosto che inchiodare e bloccare, libera e spedisce nel mondo. Verso l’autorealizzazione. Stimolando di base, la ricerca sia di uno scopo individuale e che di significato. E, ovviamente, la fiducia in se stessi.
Di, fatti, la sua attivazione nella psiche predispone un processo di crescita e sviluppo. Egli spinge alla maturazione e all’inserimento positivo, propositivo, fiducioso e ottimistico nell’esistenza. Invitando a trovare in essa un posto proprio.
Giove, inoltre, è un dio di grande ricchezza. Una ricchezza sia materiale che spirituale, morale e filosofica. E porta salute, pace interiore, serenità e capacità di godere delle cose semplici e naturali. Del resto, il mito stesso ce lo racconta come uno molto in grado di godersi la vita.

I significati archetipici di Giove:

La sua simbologia si lega, infine, anche a quella del matrimonio (e del tradimento, inteso sempre come possibilità di crescita. Da tradere…dare oltre). Oltre che alla figura del Re e del Padre egli, infatti, è un marito che, spinto dalla necessità di ordinare e gestire un regno tanto vasto, preferisce piazzare in ogni suo angolo un figlio che non solo ne richiami la regalità. Ma che ne preservi il potere.

I significati archetipici della congiunzione Giove-Saturno:

Letti in questo senso, diventa abbastanza intuibile comprendere la portata della loro congiunzione. Quando l’energia di Saturno, che spinge a entrare in contatto con noi stessi, si coniuga con quella di Zeus che stimola l’autorealizzazione, l’invito che giunge è dunque quello di conoscersi e assumersi la responsabilità di realizzare quello che già abbiamo al nostro interno. Diventare chi siamo. Ciò che nasce sotto la loro congiunzione è dunque un nuovo senso di sé. Un immaginario di cura e amore. Cristo.

L’amore e l’altre stelle. L’immaginario di Cristo come trasformazione:

Le sue vicende vengono spesso associate da Jung alla grande opera di trasformazione che ogni individuo è chiamato a transitare se vuole realizzare se stesso. Come affermato nel Libro Rosso, infatti, ogni persona deve perseguire il proprio destino, ossia la via, la verità e la vita (LR 231). Il che non significa imitare Cristo, ma essere Cristo. […] Egli scrive:

Anche la mia via mi porta alla croce, non alla croce di Cristo,
bensì alla mia croce personale, che è l’immagine del sacrificio e della vita.

Il termine sacrificio indica non il rinunciare a qualcosa, ma il perseguire il sacro. L’esatto opposto. E cosa c’è di più sacro del realizzare se stessi? Ovvio, non stiamo parlando di egoismo. Anzi. Siamo nella linea che Cristo stesso ha indicato, quando ha pronunciato forse uno dei più grandi dei suoi insegnamenti. Ama il prossimo tuo come te stesso.

L’amore e l’altre stelle. Ama il prossimo tuo…come te stesso:

Questa frase dovrebbe invitare a una profonda riflessione. Soprattutto in tempi come quelli che stiamo vivendo, in cui sempre di più ci si sente mancanti di qualcosa. Non all’altezza. Inadeguati. E dove opinione e “amore” altrui sembrano avere maggior peso (ahinoi) dell’opinione e dell’amore verso noi stessi. Viviamo nell’epoca dove l’identità personale è sempre più diffusa. L’epoca in cui, non importa chi siamo, dobbiamo avere quello che hanno gli altri. Essere come gli altri. Come se tutti potessimo rientrare negli stessi standard.
Tendiamo a dimenticare noi stessi o a metterci in secondo piano, dimenticando però, che l’unica persona con la quale abbiamo vissuto e vivremo tutto il resto della nostra vita sarà proprio quella che vediamo allo specchio. Quella che talvolta disprezziamo, maltrattiamo, cerchiamo di trasfigurare in ogni modo. È come se fossimo costantemente impegnati ad adeguarci e ad andare d’accordo con i nostri vicini di casa e, nel frattempo, umiliassimo il nostro unico coinquilino. Prima o poi questi verrà a presentarci il conto…e quando sarà, cosa accadrà?

Fare il sacro. Fare noi stessi.

Ama il prossimo tuo come te stesso. L’altro importante, a questo punto, non è solo l’altro fuori, ma anche (e soprattutto) quello dentro. La parte sconosciuta di noi che si va avanti perché possiamo l’autorealizzarci in quello che siamo dentro. Certo, non si tratta di un processo semplice. O lineare. Come sottolinea Jung, per promuovere i propri progressi verso se stessi, così come costellato dalla nascita dell’archetipo di Cristo, è necessario rivivere quelle esperienze che lui ha vissuto. Transitare la sofferenza e la morte (in senso metaforico) per trasformarsi e raggiungere uno stato dell’essere differente. (Puoi leggere altro sul Natale e sul processo di individuazione cliccando qui)
Aprire le porte dell’anima non è semplice. È dare spazio al Dio veniente, nel bene e nel male; non semplicemente accoglierlo come maestro, ma interiorizzarlo, berne il sangue e mangiarne il corpo (LR.p.367).

Dovete essere lui stesso, non cristiani,
ma cristi, altrimenti non sarete idonei per il Dio che viene. (LR p. 234)

L’amore e l’altre stelle. Giove-Saturno: la congiunzione che conduce a Cristo.

Ecco dove ci conducono Giove e Saturno. I Magi (da mag, stessa radice etimologica dello spagnolo mas: più) siamo noi che abbiamo bisogno di vedere e conoscere mas di noi stessi. La congiunzione ci porta a onorare il Cristo che nasce costantemente nelle nostre profondità. Ad amarlo e seguirlo come possibilità di trasformazione e realizzazione.
La nascita di Cristo è la nascita di quella necessità di amare quello che siamo e quello che siamo destinati a essere. Come scrive Jung:

Non puoi fuggire da te stesso per sempre,
devi fare ritorno e riuscire ad amarti.

L’amore e l’altre stelle. Conclusioni:

Facciamoci un dono, allora. Accogliamo la trasformazione nel nostro cuore. È questo che siamo chiamati a fare: creare noi stessi, modellandoci sulla base di quello che siamo realmente. E non ciò che crediamo di essere.

Ciò che la natura richiede al melo è che produca mele e al pero che produca pere.
Da me la natura vuole che io sia semplicemente un uomo,
ma un uomo cosciente di ciò che è.

Apriamo le porte all’anima. E l’anima ci condurrà dove siamo destinati ad andare. E non lasciamoci scoraggiare se la strada non è sempre agevole. Anche nel buio più fitto, ci sono delle luci. È un’altra simbologia del Natale. Lasciamoci guidare da esse.

Solo il viandante che ha peregrinato nel suo infinito mondo interiore
potrà accostarsi all’Anima, scoprendo che per anni altro non ha fatto che cercare Lei,
poiché Lei è dietro e dentro ogni cosa. I viaggi, si fanno per cercare Anima
e le persone si amano in quanto simboli di Anima.

BUON NATALE A TUTTI!

Dott.ssa Michela Bianconi e Dott.ssa Valentina Marra

Bibliografia:

[1] Sacra Bibbia, Numeri 24,17.
[2] (a cura di) G. Chiarini e G. Guidorizzi (2009): Igino. Mitologia Astrale, Milano, Adelphi Edizioni s.p.a., 2009. Introduzione, pag. XXV.
[3] Ibidem, pag. XXIV

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