La realtà fatta da immagini:
La realtà dell’esistere umano è la realtà dell’esistere psichico, e questa è l’unica realtà che è conosciuta direttamente. Tutto ciò che è conosciuto lo è per il tramite dell’anima, ovvero è trasmesso attraverso immagini psichiche, e questa è la nostra prima realtà [1]. Come scrive James Hillman in Re-visione della Psicologia (1983):
In principio è l’immagine. Prima viene l’immagine e poi la percezione; prima la fantasia e poi la realtà…
L’uomo è in primo luogo un artefice di immagini e la nostra sostanza psichica è formata da immagini;
il nostro essere è un essere immaginale, un’esistenza nell’immaginazione.
Siamo davvero fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni.
Le immagini:
Per questo autore, le immagini sono i dati basilari della vita psichica. Allo stesso tempo: le materie prime e i prodotti finiti della psiche. E costituiscono il modo privilegiato d’accesso alla conoscenza dell’anima, intendendo per “anima”, prima di tutto, più che una sostanza, una prospettiva, una visuale sulle cose. È come dire che, nello specchio delle immagini, noi riconosciamo noi stessi.
La prospettiva dell’anima:
Questa prospettiva è riflessiva, media gli eventi e determina le differenze tra noi e ciò che accade. Un fattore indipendente dagli eventi nei quali siamo immersi. L’anima è inafferrabile e, malgrado tutta la sua intangibilità e la sua indeterminatezza, possiede una elevatissima importanza nelle gerarchie dei valori umani. Per cui essa viene assai spesso identificata come principio vitale o principio divino.
Dove risiede l’anima?
Anticamente, la sede dell’anima veniva fatta coincidere con il cuore, giacché la sua immaginazione è in grado di creare esattamente come l’immaginazione dell’anima. Il pensiero del cuore è, infatti, il pensiero delle immagini…l’immaginazione è la voce autentica del cuore, sicché se parliamo col cuore dobbiamo parlare in modo immaginativo [2].
Recuperare la sede dell’anima. Il pensiero del cuore:
Se vogliamo recuperare l’immaginale, dobbiamo prima recuperare il suo organo, il cuore, l’unico a percepire corrispondenze tra le sottigliezze della coscienza e i livelli dell’essere. E la filosofia del cuore [3], una filosofia in grado di spiegare il mondo con le immagini delle parole. Come scrive Paracelso:
Il linguaggio non è nella lingua, ma nel cuore.
La lingua è solo lo strumento con cui parliamo.
Chi è muto, è muto nel suo cuore, non già nella lingua…
Quali le tue parole, tale il tuo cuore.
Ogni immagine coordina, infatti, al suo interno, qualità di coscienza e qualità del mondo. E parla, nella sua peculiarità, della compenetrazione tra coscienza e mondo. Ne è un esempio, l’innamoramento. Quando ci innamoriamo, scrive Hillman, incominciamo a immaginare; e quando incominciamo a immaginare, ci innamoriamo [4].
Recuperare la sede dell’anima. Immagini comuni che esprimo il cuore:
Hillman evidenzia tre differenti immagini che esprimono il cuore nella nostra cultura.
- Il cuore come umanità, coraggio di vivere, forza e passione. Il cuore del Leone.
- Il cuore come organo del corpo.
- Il cuore come amore, sentimenti, intimità, locus dell’anima e del senso di essere una persona.
Il cuore di leone:
Il cuore di leone è come il sole: rotondo, pieno, intero. Suoi simboli classici sono: l’oro, il colore rosso, il re, lo zolfo e il calore. Il cuore di leone ha un tale gusto per la vita che il suo pensiero è un tutt’uno con la volontà e si dispiega nel mondo…forte come un ruggito [5]. Uno dei suoi aspetti decisivi è il credere e, poiché crede di non pensare, il suo pensiero si manifesta nel mondo come progetto, desiderio, missione. Pensare e agire insieme. Ciò significa che il suo pensiero non si manifesta come tale, giacché irradia come il sole nel mondo e lì rimane come manifestazione esterna. L’immaginazione è scagliata fuori, davanti a sé, vivificando di fatto tutto ciò che colpisce con significati animici, ovvero con significati che riguardano la nostra anima.
Proiezione:
È ciò che, in termini psicologici, chiamiamo proiezione. Un trasferimento inconscio, cioè inconsapevole e non intenzionale, di elementi psichici soggettivi su un oggetto esterno (Marie Louise von Franz). Si tratta di fatto di un processo autonomo non gestito in modo cosciente. Non siamo noi che proiettiamo un contenuto psichico ma è il contenuto stesso che, senza il nostro controllo, si proietta su un oggetto, esattamente come un raggio solare, penetrando in esso e “scaldandolo”. Con il rischio, però, di creare una unione identitaria tra questo e noi stessi. Ciò che Hillman definisce una letteralizzazione.
Il cuore come organo del corpo:
Quando ciò accade, e non siamo più in grado quindi di riconoscere un nostro contenuto dall’oggetto sul quale lo abbiamo proiettato, ecco che subentriamo nel regno della dimostrazione visibile e del cuore come organo del corpo.
Riprendendo dalle descrizioni di William Harvey, che lo concepì come organo diviso, Hillman parla infatti di questo cuore come la conferma di un’idea archetipica. Il cuore non è semplice, scrive, non è uno, bensì inerentemente diviso e in dissidio con se stesso; le camere destra e sinistra, benché contigue, sono lontanissime tra di loro, senza comunicazione. Esattamente come accade quando, letteralizzando, spostiamo all’esterno un contenuto interno, senza riconoscerlo come nostro.
Eppure, prosegue l’autore, è proprio questa separazione che consente la circolazione del sangue (e dei contenuti). L’immagine proiettata diventa come una pepita d’oro intrappolata in una roccia. Guardandola, noi vediamo solo la roccia e la riconosciamo in quanto tale. Ma la pepita è lì e può essere recuperata. Come?
Il ruolo della metafora e del linguaggio metaforico:
Re-imparando a parlare così come l’anima parla. Cioè utilizzando un linguaggio immaginale, un linguaggio metaforico.
La prospettiva metaforica, come dà nuova animazione all’anima, così rivitalizza aree che si presumevano non infuse d’anima e non psicologiche: gli eventi del corpo e la medicina, il mondo ecologico, opere dell’uomo come l’architettura e i trasporti, l’istruzione, l’alimentazione, il linguaggio e i sistemi burocratici… La prospettiva metaforica che ‛re-visiona’ i fenomeni del mondo come immagini, può trovare ‛senso e passione’ dove la mente cartesiana vede la pura estensione di oggetti insensibili e privi di anima [6].
Si parla di recuperare quindi quel raggio solare che il cuore di leone aveva scagliato fuori e che il cuore come organo aveva reso scollegato da noi e letteralizzato. Riportarlo al nostro interno e riconoscerlo come qualcosa di intimo e con un significato per noi e la nostra anima.
Il cuore come intimità:
Recuperare il cuore come intimità, profondità, quell’insondabile abisso in cui è riposta la nostra “verità”. Questo cuore non è tanto il luogo del sentimento personale, quanto quello di una Imaginatio vera che riflette nel mondo microcosmico del cuore il mondo immaginale. I sentimenti per mezzo dei quali si fa conoscere, si risvegliano con il muoversi delle immagini. Di conseguenza noi facciamo ricorso al cuore non perché esso sia il luogo dove è contenuta la verità dei sentimenti o perché sia il luogo dove sentiamo la nostra anima personale. No. Ci rivolgiamo al cuore perché è nel cuore che il mondo immaginale mostra all’immaginazione le essenza della realtà.
È qui che possiamo rivedere la proiezione, non più come l’espulsione di un contenuto, ma come il tentativo della nostra anima di parlare di sé. Esperendo le cose al di là del nostro io, come presenze immaginali. E un tentativo di riconsegnare cuore e immagine alle cose. E, per loro tramite, riportarle a noi, attraverso l’esperienza insondabile del cuore che è esperienza della nostra persona come scrigno di una interiorità profonda.
Rafforzare il pensiero del cuore:
Il cuore contempla il mondo, non lo possiede. Reagisce alla presenza invisibile dei contenuti che in esso proiettiamo e, per tramite di queste reazioni, ne svela allo stesso tempo la bellezza. Il cuore è l’organo della metafora. Il poeta che disvela l’essenza animica del mondo e ce la racconta attraverso il proprio pensiero immaginale. Dobbiamo prendercene cura, allenarlo e rafforzarlo, così che con i suoi battiti possa porci nella condizione di ascoltare e riconoscere la musica della quale siamo intessuti. E danzare su di essa.
<<NON SI VEDE BENE CHE COL CUORE, L’ESSENZIALE E’ INVISIBILE AGLI OCCHI>>
(Antoine de Saint Exupéry).
Bibliografia:
[1] J. Hillman (1973): Jung e la cultura europea, trad. it. Priscilla Artom, in Rivista di psicologia analitica, 4/2 ottobre 1973, pp. 322-340.
[2] J. Hillman (1981): L’immaginazione del cuore, Adelphi, Milano, 2002, pag. 44.
[3] Ibidem, pag. 46.
[4] Ibidem, pag. 49.
[5] Ibidem, pag. 50.
[6] https://www.treccani.it/enciclopedia/psicologia-archetipica_%28Enciclopedia-del-Novecento%29/